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Le ereditá di Muhammad Ali: le sette lezioni di vita da un campione fonte di ispirazione.

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Le-Ereditá-Di-Muhammad-Ali

Durante un periodo di politica xenofoba e di giornali estremisti che hanno dato voce al radicalismo, Muhammad Ali è morto. Che Dio benedica la sua anima.

Nel quarto giorno di Ramadan del 2016, migliaia di musulmani si sono recati a Louisville, in Kentucky. Alcuni sono atterrati su città limitrofe, hanno noleggiato e guidato macchine per ore. Altre comunità hanno noleggiato e riempito autobus di musulmani a digiuno e sono partiti appena dopo il suhoor, prima dell’alba (il pasto prima del digiuno).

Un uomo ha addirittura viaggiato per più di 14mila chilometri dal Bangladesh per commemorare il suo nome. Tutto ciò per prendere parte al janazah (funerale) del campione. Ad onorare il defunto non c’erano solo musulmani – monaci buddisti, preti, rabbini, mormoni, ex-avversari sul ring, un senatore, star del cinema, capi di stato e anche l’ex presidente Bill Clinton. Il janazah, la processione, la sepoltura e l’elogio di Muhammad Ali sono stati uno spettacolo!

Al suo servizio funebre hanno preso parte decine di migliaia di sostenitori e il canale ESPN lo ha trasmesso in diretta e senza interruzioni. Dopo tutto, lui è stato il campione. Il loro campione. Il campione della gente. E anche il nostro.

Come ha fatto un uomo aggressivo, sfacciato e controtendenza, ma anche improvvisamente fragile in etá avanzata, a diventare cosí amato? Perché persone con cosí tanti stili di vita diversi sono venuti ad onorare la sua memoria?

La processione funebre –organizzata giá prima della sua morte – é iniziata dalla sua casa d’infanzia, nella parte piú povera ad ovest di Louisville. Come se il campione volesse mandare un messaggio ai residenti di quel vicinato. Anche loro possono diventare ‘il campione’, nonostante le piccole case e il passato umile.

Ma la domanda è, come fare?

Cosa possono imparare i ragazzi, i giovani e attivisti musulmani dalle esperienze del campione? In un’epoca in cui l’Islam è narrato dai giornali con accezioni negative, l’ereditá di Muhammad Alí puó offrire uno spiraglio di luce.

Ecco alcuni insegnamenti da cogliere tra le tante storie sulla vita del campione.


1. Lavora duro, sii eccezionale

“ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi sono detto ‘Non mollare. Soffri ora e vivi il resto della tua vita da campione’ ” – Muhammad Ali

Muhammad Ali è stato tra i più grandi nella storia. Era un grande esponente islamico, divertente, un uomo di famiglia e il più grande sportivo del secolo.

Ma prima di tutto questo, è stato un pugile fantastico.

Spesso il pugilato è uno sport romanzato da Hollywood: 60 secondi di sacco da boxe, 60 secondi di salto alla corda e 60 secondi di corsa lungo una strada ed ecco che l’eroe dello schermo é pronto a salire sul ring.

Non è proprio così che vanno le cose. Le competizioni di pugilato richiedono molto allentamento e anni di duro lavoro per sviluppare le tecniche più raffinate. Si inizia dalla camminata da pugile, passi piccoli e corti, non incrociare i piedi, proteggi il mento. Si impara a fingere, schivare, bloccare e tirare un pugno con velocità, precisione e potenza. Tutto questo mentre il tuo rivale mette K.O. i tuoi sensi, mentre il sudore e il sangue oscurano l’udito, la vista e l’equilibrio. Quando Muhammad Ali è arrivato sul palcoscenico mondiale era già un professionista. La sua abilità sul ring era già eccellente. Nella categoria dei pesi massimi, era conosciuto per i suoi movimenti lenti e colpi fortissimi, i suoi allenamenti lo hanno sicuramente ripagato. Prima di ogni incontro girava intorno ai propri avversari per deriderli e diceva ‘svolazzo come una farfalla, pungo come un’ape!’

Ci vuole duro lavoro e dedizione per diventare un esperto del mestiere. Ci vuole estrema concentrazione e un forte desiderio di raggiungere la vetta. Non devi essere il migliore per essere considerato uno dei più grandi. Muhammad Ali ha incassato diverse sconfitte ma ha gareggiato a livello mondiale. E’ solo questione di imparare il mestiere e perfezionarlo per arrivare ai massimi livelli.

2. Usa la tua voce

“Gli ho detto che doveva parlare. Le celebrità devono farlo. Perché se non parli, nessuno saprà chi caspita sei” – Angelo Dundee (Allenatore e amico di Muhammad Ali)


Un giovane pugile di Louisville chiamato Cassius Clay, un giorno ha esclamato ‘sono il piú grande’. La sua bocca larga gli ha conferito subito il soprannome di ‘Il labbro di Louisville’. Spesso scambiata per arroganza, la sua verve era più un’espressione del suo innato senso dell’umorismo. Muhammad Ali è sbocciato in un periodo in cui essere di colore significava appartenere ad una classe disagiata. Bagni, fontane per l’acqua e servizi pubblici separati dagli altri, per affermare la supremazia dei bianchi e l’impurità dei neri. Quindi Muhammad Ali non solo ha parlato a voce alta, ma ha anche detto delle verità che hanno sfatato molti miti sul razzismo.

“Sono bello!” avrebbe affermato con un sorriso affascinante in un giornale nazionale. L’idea che un uomo di colore affermasse di essere bello in un mondo per ‘bianchi’, durante l’arrivo della TV a colori, è stato un evento che ha mandato in frantumi i pilastri culturali dell’epoca. Ha dato voce a tutte le persone di colore, specialmente ai giovani. Un uomo di colore non deve restare in silenzio ed essere servile. Un uomo di colore non è ‘brutto’ quando un uomo bianco é nei dintorni.

Il Creatore ha creato tutte le persone con bellezza e forma perfetta:

È Allah che vi ha concesso la terra come stabile dimora e il cielo come un tetto e vi ha dato forma – e che armoniosa forma vi ha dato – e vi ha nutrito di cose eccellenti. Questi è Allah, il vostro Signore. Sia benedetto Allah, Signore dei mondi.” – Corano: 40 – 64.

Muhammad Ali ha dimostrato al mondo che le persone di colore possono essere eloquenti, possono essere fantastiche e anche belle. La sua voce lasciava un segno. “Mi ha restituito la dignità”, ha dichiarato un bidello ad un giovane Barack Obama. La sua voce ha messo a tacere secoli di voci risonanti provenienti dalla supremazia dei bianchi e ha dato dignità alla voce della comunità di colore.

Oggi, anche agli elementi piú marginali della societá, a quei pochi, è data una voce. Il loro messaggio di violenza e disprezzo riempie i giornali. L’esempio dato da Muhammad Ali mostra che si deve rispondere ai messaggi di negatività. Non bisogna aggiungere rumore, ma si deve dare voce ad una buona causa. E questa voce deve donare dignità alle persone.

3. Riconosci quando è il momento giusto per crescere: “qual è il mio nome!” – Muhammad Ali

Dall’etá di 24 anni, Ali (allora solo Cassius Clay) ha dimostrato di non avere rivali. Ma ha presto realizzato che i suoi scopi e la sua eredità andavano ben oltre i confini del ring. Ha pronunciato il shahadah (la testimonianza di fede) e ha preso il nome di Muhammad Ali. Muhammad dal profeta Maometto (la pace e la benedizione di Allah siano su di lui) che significa ‘il più lodato’, e Ali che significa ‘il grande’.

I giornali lo hanno criticato e ridicolizzato per la sua nuova fede. Ma Ali sapeva quello che rappresentava. Sapeva che i suoi ideali andavano ben oltre la sua popolaritá. Ci è voluta morale e dedizione per rinunciare al proprio nome e mostrare al mondo il nuovo Muhammad Ali.

Nel 1966, Ali ha combattuto contro Ernie Terrell e durante il match ha urlato “qual è il mio nome!”. Ha voluto mostrare a tutti quanti che aveva abbandonato il suo nome da ‘schiavo’ per prendere il piú rispettabile nome di Muhammad Ali. Allah ha messo alla prova la fede di Muhammad Ali con la chiamata alle armi in Vietnam. Rifiutare la leva militare gli ha causato la perdita del titolo da campione di pugile ma gli ha conferito il titolo nella storia di campione di pace. ‘Io non ho niente contro nessun vietnamita!’, ha detto Ali in risposta.

Questi momenti hanno definito la persona che Muhammad Ali ha rappresentato. E’ diventato un esponente e una voce per la comunità di colore; è diventato una voce di compassione per l’umanità.

4. Tieni gli occhi sul premio finale

“Dio mi ha dato il Parkinson per mostrarmi che non sono ‘il piú grande’. Lui lo è. Dio mi ha dato questa malattia per ricordarmi che non sono il numero uno. Lui lo è” – Muhammad Ali.

Appena dopo essersi ritirato dal pugilato, Ali ha iniziato a mostrare i sintomi del Parkinson. La malattia colpisce le capacitá del cervello di regolare i movimenti. Le attivitá motorie piú semplici diventano complesse. Il cammino diventa lento e instabile. Le espressioni facciali sono mascherate e la voce diventa smorzata. Allo stesso modo, tutte quelle caratteristiche che avevano reso Muhammad Ali la persona che tutti acclamavano, hanno iniziato a degenerare. Non poteva piú fluttuare come una farfalla, né pungere come un’ape. La parlantina de ‘il labbro di Louisville’ ha cominciato a svanire. Questo ha segnato l’inizio della seconda fase della sua vita.

In un salto nel passato, amici e familiari affermano che Ali ha preso l’abitudine di chiedere a sé stesso come arrivare in paradiso. Era quasi un rito di affermazione alla sua identità islamica e al suo desiderio di soddisfare Dio. Questo aneddoto è diventato il tratto caratterizzante della sua fase post-pugilato. Ha donato 100 dollari ad ogni bisognoso del Sud America. Ha convinto un uomo a non commettere un suicidio. Migliaia di piccoli gesti in nome dell’unico premio finale: il paradiso.

5. Rialzati, anche quando vai KO

Uno dei miracolosi aspetti dell’eredità di Muhammad Ali è che i suoi avversari sconfitti hanno solo bei ricordi su di lui. George Foreman, Richard Dunn e anche il suo critico di vecchia data sono diventati suoi amici. Dopo il suo celebre combattimento contro il giapponese pro-wrestler Antonio Inoki, Ali ha quasi perso la mobilità e funzionalità della sua gamba sinistra a causa della forza dei ripetuti calci laterali. Tempo dopo, quando Inoki ha annunciato il ritiro dal ring, Ali ha partecipato ad un evento in onore della lunga carriera del pugile. Da lì è anche nata un’amicizia. Sorprendentemente, da anziano, Inoki si è convertito all’Islam.

Ma non è solo rivolto alle celebrità. Le abilità di Muhammad Ali nel conquistare i propri avversari dipendono anche dalle sue capacità di trasformare in eroi anche le persone più comuni. Infatti ha dedicato il proprio tempo sia a celebrità che ai senzatetto. Ha parlato della dedizione dei vigili del fuoco quando questi ultimi gli hanno chiesto un autografo. Ci sono innumerevoli storie sugli incontro di Muhammad Ali con persone immerse nella depressione, che si sentivano sconfitte e che volevano elevare i propri spiriti. Tutti i gossip pubblici sul suo conto erano solo finzione. La sua vera eredità si è basata sulle relazioni quotidiane, sul diffondere gioia e sul rialzare gli animi delle persone.

6. Non essere mai triste

“Sono un uomo normale che ha lavorato duro per sviluppare un talento che gli è stato fornito. Credo in me stesso e credo nella bontà degli altri” – Muhammad Ali.

Muhammad Ali ha ricevuto molto odio nella sua vita. Ha ricevuto odio perché era un chiassoso, giovane uomo di colore. Odio perché campione. Odio perché diventato musulmano. Odio per aver cambiato il proprio nome, chiamato codardo e traditore per essersi rifiutato di andare in guerra. I suoi oppositori lo hanno privato del proprio titolo e hanno cercato di incarcerarlo. Muhammad Ali ha combattuto contro tutto questo odio. Ha combattuto contro tutti coloro che facevano parte di questa ingiustizia di massa. Ma nella sua vita non ha mai dimostrato di essere triste. Ha sempre mantenuto il suo sorriso affascinante. Nonostante le precedenti politiche, ha sostenuto il governo statunitense in alcune trattative per il rilascio di ostaggi dall’Iraq. Ha continuato a far del bene e a risollevare gli altri, nonostante il loro passato di odio. Ed è così che lui li ha riconquistati. Una volta che i tuoi nemici smettono di odiarti, non provare rancore. Credi nella loro bontà e continua a lottare per il paradiso.

7. Sii un ministro di Dio.

“Allah è il termine arabo per Dio. Alzati, battiti per Dio, lavora per Dio e fa la cosa giusta, va per la strada giusta, il resto sará dalla tua parte” – Muhammad Ali.

Tutti gli amici più stretti di Muhammad Ali lo hanno descritto come un uomo di fede. Un uomo devoto a raccontare agli altri di Dio e dell’Islam. Quando gli chiesero se fosse il più grande musulmano, rispose subito dicendo che Dio è l’unico che poteva giudicarlo e che non riteneva di essere il più grande musulmano.

Il suo amico mormone, Senatore Orrin Hatch dallo Utah, ha invitato Ali ad una importante celebrazione in chiesa. Il grande coro si è messo in fila per avere un suo autografo. Muhammad Ali ha autografato volantini sull’Islam da dare loro. Si considerava un ministro dell’Islam. Era ben informato e capace di dare risposte azzeccate a domande sulla fede.

Molti hanno affermato che Muhammad Ali rispecchiava la descrizione all’interno di questo hadith, come qualcuno che si è guadagnato il piacere di Dio e delle persone: ‘Chiunque sia alla ricerca del piacere di Allah, anche se scontentando le altre persone, rende felice Allah, allora Allah farà in modo che le persone siano felici a sua volta. Chiunque sia alla ricerca del piacere delle persone, scontentando Allah, rende infelice Allah e quindi anche le altre persone saranno infelici a sua volta con lui.’ – Tirmidhi (la pace e la benedizione di Allah siano su di lui).

Muhammad Ali non era senza peccato. Non era perfetto. Aveva i suoi difetti, ma c’è una grande lezione che può essere ricavata dall’eredità di uno dei più amati uomini della storia contemporanea. Nel mezzo di tutto questo odio mediatico, una persona può essere ancora capace di compassione, bontà e sincerità.

Che dio abbia misericordia di Muhammad Ali.

ilyas Mohammed

ilyas Mohammed